A spasso nel tempo nel borgo di Vrù
Se nominate il borgo di Vrù, anche la maggior parte dei piemontesi sarà tentata di correggervi: “Ma no, si dice Viù!”. E invece no. Vrù esiste davvero, ed è una perla rara nascosta tra i boschi che sovrastano la cittadina di Cantoira, nella Val grande di Lanzo, in provincia di Torino.
Di Cantoira, in effetti, Vrù è una frazione, che si raggiunge percorrendo una tortuosa strada che sale per circa 3 chilometri lungo le pendici del monte Bellavarda. Giunti in prossimità della borgata, si intuisce poco di ciò che si può ammirare superando l’arco in legno che recita “Benvenuti” ed addentrandosi nei vicoli tra le case.
Ci si trova di colpo proiettati in un passato distante più di cento anni, a cavallo tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo. Anni in cui, dopo periodi di estrema povertà, gli abitanti di Vrù sperimentarono un improvviso “rinascimento” grazie all’apertura della miniere di talco in zona, tra cui la più celebre si trovava presso l’Alpe Brunetta. Da allora non fu più necessario emigrare in Francia per trovare lavoro, e la borgata (conosciuta anche come Ru Superiore) visse il suo momento più florido, in cui la popolazione aumentò, si costruirono nuove abitazioni e venne realizzata anche la scuola del paese per istruire i bimbi che nascevano sempre più numerosi grazie alle migliorate condizioni di vita.
Gli effetti delle due guerre mondiali, lo spostamento della popolazione verso Cantoira (dove si trovavano maggiori servizi e l’opportunità di posti di lavoro) e, infine, la chiusura delle miniere di talco nel 1979 decretarono inevitabilmente l’abbandono della borgata di Vrù, con la conseguente caduta in rovina della maggior parte degli edifici.
Una meritoria opera di recupero da parte dei pochi residenti rimasti e di molti forestieri che si sono appassionati al borgo ha oggi consentito di riportare all’antico splendore la frazione di Vrù. Gli edifici sono stati in gran parte ristrutturati, rispettando alla lettera i canoni edilizi dell’epoca: muri di pietra a secco, tanto legno e le caratteristiche “lose” di pietra per le coperture dei tetti. L’atmosfera che si respira è romantica e melanconica al tempo stesso, ed i turisti che si avventurano per le viuzze rispettano il silenzio e la quiete che il luogo suggerisce.
Certamente, un forte impulso all’attività di recupero della borgata è giunto dall’opera di Francesco Berta, detto “Cichin”. Nato e vissuto a Vrù, operaio della miniera di talco, fu lui che, nella seconda metà del secolo scorso, dedicò il suo tempo libero all’abbellimento del borgo con la realizzazione di un presepe meccanico, ospitato nei locali della vecchia scuola e costituito da centinaia di statuine e modellini che Cichin ha realizzato a mano scolpendole nel legno ed addobbandole con gesso, stoffa ed altri materiali.
Oggi, sulla scorta dell’attività di Berta, in ogni angolo del paesello è possibile ammirare svariate rappresentazioni di vita quotidiana, realizzate con materiali di recupero di ogni genere. Inoltre, tra le viuzze del borgo sono esposti arnesi, abiti ed altri oggetti di uso comune agli inizi del 1900. Sulla porta di molte abitazioni, infine, sono affissi cartelli che raccontano la storia dell’edificio e di chi lo abitò nei secoli passati, con tante foto d’epoca a corredo della narrazione: l’effetto “macchina del tempo” è garantito!
Proseguendo la passeggiata tra i campi in direzione della località Rivirin (un quarto d’ora di scarpinata in salita lungo una carrozzabile che costeggia il Rio Brissout), si giunge ad ammirare un’altra opera di Cichin, che per molti è l’icona che meglio rappresenta la frazione di Vrù. Si tratta di una riproduzione in scala della Mole Antonelliana di Torino e della Torre di Pisa, entrambe realizzate in pietra ed alte circa 3 metri. Di fronte ad esse, alcune meravigliose baite, che in origine servirono come punto di appoggio in caso di necessità per i minatori che si recavano al lavoro all’alpe Brunetta. In zona si trovano anche un antico mulino ancora oggi funzionante, la postazione di partenza di una vecchia teleferica che serviva gli alpeggi circostanti e una riproduzione fedele della vetta del monte Rocciamelone, con ogni dettaglio fedelmente ricreato.
Guardandosi intorno mentre si scende per tornare al punto di partenza, sarà infine facile scorgere qua e là altre piccole riproduzioni di edifici e abitazioni dell’epoca, sempre realizzate in pietra e rifinite con accessori e personaggi scolpiti nel legno.
Vrù si può ben definire una macchina del tempo a cielo aperto, e merita senza dubbio una visita. Anche da parte dei piemontesi, che rimarranno sorpresi da questa bellezza “sotto casa” e finalmente non la confonderanno più con la più conosciuta Viù.